LA SICUREZZA E IL PENSIERO CARDIOPATICO Näytä suurempana

LA SICUREZZA E IL PENSIERO CARDIOPATICO

9788855352383

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2022-02-10

Poesia in forma di prosa,

Poesia in forma di prosa, parafrasando la “Poesia in forma di rosa” di pasoliniana memoria.
Una “narrazione” originale, ordinata che segue una logica interna serrata e austera, di iniziale
difficile lettura per le argomentazioni rigorose e intransigenti.
Tutte le composizioni si svolgono in uno spazio concentrato in una pagina e, orientativamente, con
la stessa lunghezza, con una sola eccezione in cui il dire poetico “deborda” , ma solo per poco,
( Con un interesse strutturale) e si libera dallo schema quasi a rimarcare il concetto di libertà non
solo nel contenuto.
Ma questo è un dettaglio formale; ciò che colpisce nella silloge è la costante e ritmicamente
approfondita critica nei confronti di una socìetas che non è sociale, che è votata al consumismo,
alle credenze, alla moda dei falsi perbenismi, agli ossequi al poter degli yesman, agli
imbellettamenti del pensiero, alle attese di un nuovo fuorviante.
Un dire poetico che si concentra sulle questioni di impegno civile, dunque, con un lessico ricco e
fantasioso nell’utilizzo di espressioni comuni in traslati poetici.
Come da espressione poetica della contemporaneità, forse di più, come si dice nel sottotitolo,
nonostante il rifiuto al solo accenno al lirismo, nemico assoluto della poesia contemporanea, il
registro evidenzia talvolta una mancata uniformità: alle aderenze linguistiche ai dati reali e sociali,
si accompagnano slanci di purezza poetica che illuminano la tristezza grigia delle riflessioni su ciò
che ci circonda. “ Gli occhi destinano i dubbi alle stelle “cadaveri dimenticati con poetica dignità ”
( Ai bisogni teneri, 21) in cui si legge un desiderio di Cielo, di altezza, di purezza.
Nella prima parte della silloge c’è, infatti, tanto bisogno di Cielo: “ Figli legnosi come alberi
perforanti il cielo al funerale , ( La vita tra gli umani, pg16), inteso come il bisogno di bere da
improvvisi laghi, squarci di un mondo a cui tendere, o ancora nella constatazione della ignoranza
che si avvicina inosservata, in cui la chiusa “ Un respiro e cielo e terra si baciano” ( L’ansia, pg
18), è serenamente e poeticamente lirica.
È una scelta dell’autore quella di alleggerire, aggraziare, rifinire i versi impegnati e calati nel reale
con immagini e costruzioni che rivendicano la Bellezza perché la poesia è Bellezza, è liberazione, è
medicamento, varco e va ricercata, espressa non con parole sbucciate di bulli per hobby ( la vita tra
gli umani ), o con parole per caso che indicano non-curanza del vivere e del comunicare .
Le parole remote, ( Tanto da fare, pg25 ) sono le parole ribelli al presente che vengono dal passato e
rappresentano la salvezza perché sono parole pensate, ricche, capaci di ancorare la riflessione ai
concetti in un mondo in cui la fluidità del dire e del pensare confonde e distrugge. La parola
aspetta d’ essere sentita da colombe defecanti ( Drastica precarietà ), perché l’uomo non pronuncia
più la parola con consapevolezza e non la comprende, assuefatto, sopraffatto come è dalla banalità e
dalla comunicazione sempre più fast. In Calamite si conclude il ciclo della parola: Pazzi scultori
della parola che sembra salutarci per svanire nella Natura in un processo di depauperamento
dell’umano e di arricchimento della Natura, in un contesto in cui arricchirsi significa anche saper
rinunciare per ricominciare: la dignità è quella di un albero che capisce che deve alleggerirsi.
Nella seconda parte della silloge si rileva una grande attenzione per il prossimo: Sin dall’alba
aspettiamo la Bellezza del mondo, che divampi nella poesia da scegliere ( Guardando laggiù, ); qui​
il poeta-creatore guarda dall’alto un mondo in cui il Prossimo è soltanto l’Altro, un altro di cui
interessarsi per fini egoistici, ma non umanitari. È, dunque la sfiducia nella giustizia che si esprime
erroneamente, forse per distrazione? È l’assurdo di una società degli aiuti per i ricchi ( Per i ricchi)
ed è, dunque avvertita sempre più prepotentemente, l’urgenza di una azione risolutiva per uccidere
paure comprensibili ( Salvando, pg87); una poesia in cui il concetto è espresso in una lunghissima
strofa ipotattica centrale strutturata sul piano metrico in versi di diversa lunghezza in cui si registra
una prosodia che non rispetta il verso piano, ma chiude enjambement con un monosillabo o con
parole tronche che corrispondono ad una accentuazione forte che ne ricalca i contenuti.
Il lavoro si apre con Si esiste, pg 15 ovvero con la consapevolezza dell’esistere, sartrianamente
buttati nel mondo, un mondo costruito per il denaro, per impegnarsi a perdere, per sperimentare
l’isolamento. Nella strofa centrale, però, uno sprazzo di luce: Sembra bello ricordare la felicità
nell’ essere se stessi che si spegne, però, subito dopo in: Cantando leggende ai muscoli che non
hanno ancora siglato l’ accordo per girare intorno ai sensi, per poter rendere chiara la percezione
sensoriale della felicità.
La silloge si chiude con un augurio ironico, forse sarcastico ad una umanità che...forse non si
salverà .
Perché nonostante l’impegno, il civismo del poeta che oltre a comprendere e comunicare le”cose”
del mondo, vuole cambiare il mondo, se l’astrazione del pensiero che si incarna e diventa malattia
che interessa il cuore è una condizione di mancata serenità, è preoccupazione per il presente e per il
futuro, è incapacità, non mancata volontà, di agire per cambiare le regole di questo mondo, allora il
pensiero cardiopatico è un pensiero perdente. E forse l’Umanità non si salverà.
rita rucco

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